Le neuroscienze sotto l’ombrellone - 7 consigli pratici | Real Way of Life

Le neuroscienze sotto l’ombrellone – 7 consigli pratici

Articolo a cura di Fabio Sinibaldi e Sara Achilli

Stanchi dei soliti consigli per l’estate che ci danno i telegiornali?

Da persone di scienza, curiosi ed esploratori quali siamo cerchiamo qualche consiglio scientificamente fondato che ci aiuti a godere appieno di queste vacanze e, cosa che non fa mai male, di coglierne le possibilità trasformative ed evolutive che tutti cerchiamo.

Affronteremo diversi ambiti: pensieri, abitudini, alimentazione, consapevolezza e altro ancora.

Buona lettura e, soprattutto, buona sperimentazione!

1. Sole e vitamina D

sole e vitamina DNelle ore meno calde state al sole senza protezione solare. Il ruolo delle creme solari, infatti, è fondamentale per proteggerci dai raggi UV, ma blocca anche (fino al 95%!) la capacità del nostro organismo di sintetizz
are vitamina D. Ricordiamoci che la produzione endogena di vitamina D è di gran lunga superiore a quella che possiamo ottenere dal cibo, quindi inibirla costituisce una grande limitazione al nostro benessere. Quando il sole è meno aggressivo è importante cogliere questa occasione, sono sufficienti da 15 a 30 minuti al giorno.

2. La curiosità e il microbiota

Tendiamo a mangiare sempre le stesse cose per 3 fondamentali motivi: uno risiede nella nostra mente, uno nella forza delle abitudini, il terzo nel ruolo dei batteri intestinali che “chiedono” di essere nutriti. L’estate ci aiuta in più modi ad ampliare le nostri abitudini alimentari. Il caldo ci porta a mangiare cibi più frechi e in quantità minori, ma magari più spesso. Se viaggiamo ci può essere la curiosità di provare nuovi sapori e, anche se rimaniamo a casa, c’è più tempo per provare nuove ricette e ingredienti. Il trucco consiste nel mediare tra il vecchio e il nuovo, ad esempio sperimentando a pranzo e andando sul noto a cena. Così amplieremo il numero di specie batteriche intestinali (fondamentali per la nostra salute) e scardineremo un po’ i blocchi che tendono a limitare i nostri comportamenti e atteggiamenti mentali.

3. Buoni propositi e cambiamento

correreSpesso d’estate s’iniziano nuovi comportamenti più sani, come camminare di più o andare a correre, cambiare regime alimentare, frequentare di più gli amici, ecc. Ma, come sappiamo sulla nostra pelle, diventa difficile mantenere queste abitudini quando si torna alla routine. I più recenti studi sul cambiamento dimostrano che, mediamente, ci vogliono 66 giorni prima che un nuovo comportamenti diventi un’abitudine. Ok, non abbiamo due mesi di ferie, va bene anche se sono due settimane! Allora come fare? Molti allentano i ritmi di lavoro già a luglio, anche se vanno in ferie ad agosto o, viceversa, fanno le ferie a luglio e poi lavorano abbastanza tranquillamente ad agosto. Partiamo subito con le nuove abitudini, mettiamo una X sul calendario fra 66 giorni e facciamo di tutto per mantenere l’impegno fino alla data segnata.

4. Pensare in un’altra lingua

Andrete all’estero in vacanza? Bene! Non limitatevi a parlare la lingua locale (o l’internazionale inglese) solo quando dovete interagire con camerieri o albergatori. Pensate in lingua straniera, usatela anche con i vostri compagni di viaggio. Può essere un gioco divertente e, proprio perché siamo meno abili a destreggiare le sfumature del linguaggio, può rappresentare una interessante fonte di informazioni sul nostro modo di pensare: potrebbe succedere di pensare meno alle cose negative, perché ci rendiamo conto che è un fatica inutile; oppure potrebbe capitare di andare al sodo dei problemi, senza troppi preamboli, “se” e “ma”.

Oltre a quanto visto finora parlare e, soprattuto, pensare in un’altra lingua favorisce la nostra cognizione nelle sue modalità (memoria, flessibilità, processi di valutazione, ecc.) ma anche nella sua struttura, favorendo plasticità e connessioni a livello cerebrale.


5. Sviluppare interocezione

Tempi più lenti, contesti e situazioni nuove. Durante le vacanze di solito non mancano queste condizioni e, quindi, sfruttiamole! Nella vita quotidiana siamo travolti dagli stimoli e cerchiamo, per sopravvivere, di mettere a tacere le nostre sensazioni interne. Ma questo è il paradosso: dovremmo ascoltare di più quelle interne (l’interocezione è proprio questo e, a dirla tutta, anche altro, ma siamo in clima di leggerezza estiva e per ora accontentiamoci di questa definizione) e filtrare maggiormente quelle esterne. Per riabituarci a sentire le sensazioni e i segnali del nostro corpo – fondamentali per adattarci, per auto-regolarci, per valutare le risposte emotive e sociali – possiamo avere alcuni accorgimenti: tenere il cibo o il vino in bocca almeno 7-8 secondi prima di deglutire, così i recettori del sapore possono fare il loro lavoro e metterci in grado di sentire il vero sapore di quel prodotto; al minimo accenno di una sensazione provare a soddisfarla (ad esempio fermarci a bere o per andare in bagno durante un viaggio senza scuse come “sono in ritardo” o giudizi come “ma mi sono già fermato un’ora fa, cosa penseranno gli altri?”).

6. Libri: andare alla fonte

Se amiamo il nostro lavoro leggiamo molti libri e articoli. Alcune discipline vengono spesso nominate, tanto che alla fine ce ne facciamo un’idea e ci sembra di conoscerle bene… ma siamo sicuri che sia così? Sapere che cos’è il dilemma del prigioniero vuol dire conoscere la Teoria dei Giochi e le sue basi matematiche ed economiche? Se si parla con un fisico di Fisica Quantistica ti dice che non ha senso parlare di Medicina Quantistica, che è un ossimoro… allora perché sembrava così interessante quell’articolo letto qualche mese fa?

Andiamo alla fonte: prendiamo un bel libro di Teoria dei Giochi, di Fisica Quantistica o di qualsiasi altra disciplina che sembra intersecarsi così bene con quello di cui ci occupiamo di solito. Sarà una lettura arricchente e stimolante, che ci permetterà poi di valutare meglio se quello che ci viene proposto è un’integrazione geniale o una forzatura un po’ superficiale.

7. Raccontarsi in modo diverso: Scrivere o disegnare

Tutti abbiamo qualcosa da dire (per fortuna, aggiungerei). Di solito (per sfortuna, invece) è difficile esprimere e condividere queste idee, sensazioni e vissuti nel modo corretto: c’è chi parla solo di sé, raccontando fatti che agli ascoltatori suonano “vuoti” e noiosi o, all’opposto, chi fatica a condividere e filtra tutto, troppo. Ridefinire queste modalità è utile per riscoprire, prima di tutto per sé, il valore di quanto si vorrebbe condividerlo e, in seconda battuta,  per capire se, cosa e come condividere.  Per farlo è utile usare mezzi di comunicazione alternativi: scrivere un diario, ma anche una storia di fantasia che prenda origine dai fatti reali per poi trasformarsi ed evolversi; disegnare in modo diretto (tipo a fumetti) o indiretto (una scena simbolica, ad esempio trasformare un litigio nella lotta tra un cavaliere e il drago); scrivere una poesia o il testo di una canzone. L’obiettivo non è la creazione di un capolavoro, ma di qualcosa che faccia esprimere noi (che poi è lo stesso motivo che muove gli artisti).

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